mercoledì 24 marzo 2010

"Perché mai soffro così, rimpiangerò la libertà....."

Batuffolini,

buonasera. Spero infatti che lo sarà almeno per voi. E meno male che ci siete. Sono alle prese con un attacco di malumore pesantissimo e demoralizzazione che non avevo previsto.

Luca e Diego: "Parla Elena, ti ascoltiamo, siamo qua. Dicci tutto."

Vi prego, non dite a nessuno quanto sto per raccontarvi, ce la fate a tenere la bocca chiusa, lasciando che le mie parole arrivino in ogni caso dirette e quantomai sincere a voi senza suono proferire?

Grazie per aver risposto di si....

La mia giornata di oggi finora sembrava essere andata benone, ma non appena sono rincasata e ho acceso il computer mi è bastato leggere lo stato Facebook di un'amica (una mia coetanea che conosco sin dalle medie, ora presente tra i miei contatti) per crollare immediatamente preda di uno stato di tristezza e abbattimento personale che vorrei tanto non dover riprovare più. Ma con cui putroppo ogni tanto mi ritrovo comunque a fare i conti ogni volta in maniera moralmente antipatica e sempre più dolorosa. E la mia realtà non cambia.....

Questa mia coetanea annunciava appunto oggi la notizia della sua prima gravidanza. Intendiamoci, sono felicissima per l'attesa del suo primo figlio. Ciò che invece mi riempie il cuore di dolorosa amarezza è una domanda che non posso evitare di pormi per quello che riguarda me, la mia persona, perché è naturale porsi delle domande a una certa età, soprattutto quando noti che le tue coetanee in maggioranza si sposano, hanno una casa, fanno figli, a differenza tua. Beate loro accidenti!

Quanto vorrei essere nei loro panni adesso a tal punto che presterei volentierissimo loro qualche anno della mia vita in compagnia delle mie stampelle tra mille difficoltà fisiche quotidiane, in cambio della loro vita indipendente!

E io che invece in queste occasioni mi sento semplicemente defraudata più "diversa" dalle altre che mai. Non si sta bene sapete? Per niente! Mi sento cattiva, vecchia, acida, tristissima ed assai inutile stasera!

Quando lo avrò il primo sospirato figlio se mai questo ci sarà? A settantacinque, ottantacinque o novanta anni di età? Naturale, se vado avanti di questo passo. E mi chiedo insistentemente: "Perché proprio a una persona come me che sarebbe disposta a dare il cuore a un probabile marito, a un figlio, non è dato far nulla per realizzare, pian piano questo desiderio, primario, imprescindibile e fortemente insito nel cuore di ogni donna?"

Certo c'è anche il rovescio della medaglia. Magari ci sono donne in giro che materne non lo sono per nulla, partoriscono il figlio e poi lo abbandonano a morire appena nato in un bidone dell'immondizia chiuso dentro un sacchetto di plastica. E scusate se sono cruda, ma la rabbia che provo al momento mi impone di essere sincera fino in fondo. Perché so che con voi mi posso sfogare, non mi rinuncereste mai questa opportunità.

É vero, c'è chi sta molto peggio di me, e io ringrazio sempre Dio (pure in questo caso in cui il morale non è al massimo) di non essere completamente paralizzata a letto e di avere il mio solito paio di stampelle al seguito. Però molto spesso io avverto il peso della mia situazione prima che quella degli altri proprio perché la vivo chiaramente.

E sapete, vedo anche che allo stesso tempo ci sono tante donne messe peggio di me che sono paralizzate e che non sono in grado di gestire una casa perché non si muovono eppure, nelle loro limitazioni si sono fatte comunque famiglia, un marito, dei figli sani, nonostante il loro handicap. E ancora mi chiedo: perché tutto questo non è capitato anche a me nonostante il mio handicap sicuramente più "leggero"? Che cosa mai ho fatto di male nella mia esistenza per meritarmi una punizione simile, il rimanere affettivamente da sola? Non ne ho già abbastanza del fatto di non sapermi muovere secondo voi? Siate sinceri! Mettetevi nei miei panni.

Se davvero questa fosse una cosa che si rivela deludente nessuno si sposerebbe o fidanzerebbe più e tantomeno farebbe figli. Ecco perché non credo che in tutti i casi (come molti mi dicono) da soli si sta bene. Io per esempio, sto malissimo. Come stasera ad esempio, non vi dico quanto! Sapeste quante notti ci ho pianto nel silenzio sinora, ho perso il conto francamente!

Meno male che sono sola adesso nella mia stanza chiusa, nessuno vede o sente le mie lacrime che scorrono copiose sulle guance mentre vi scrivo annebbiandomi leggermente la vista, nessuno percepisce la mia tristezza, perché la vostra musica la copre. E difatti mi sento di confidare questo momento difficile raccontandolo apertamente solo a voi.

Credo che la vostra canzone "Metà" rappresenti molto bene il turbamento che ogni tanto ricorre nel mio animo, che si fa dolorosamente strada, talvolta, a questo scomodo proposito nella mia vita. E anche se il mio caso non è quello di un condannato a morte c'è comunque una grave limitazione della vita per me in tante cose, come sapete. Dire queste cose, lo ripeto mi fa sentire triste ma allo stesso tempo tanto dolcemente affezionata a questa canzone che tra le vostre nuove riesce a interpretare particolarmente bene con la tua voce, Diego, anche quella che è la mia comprensibile rabbia in questi momenti che ogni tanto capitano, il mio intenso sconforto, il disagio.....
Metà riesce a farsi incredibilmente vicina e partecipe al mio dolore rendendolo meno forte, pieno di progressiva pace. E di questo non mi stuferò mai di ringraziarvi.

Avrei voluto dirvele a Carpi queste cose ma non ce l'ho fatta. C'era troppa gente "estranea" attorno a me, e vi avrei confidato un sentimento estremamente personale, che fa parte del mio quotidiano vivere, cosa che non sempre si riesce o si vuole dover dire a tutti, no? E comunque penso abbiate perlomeno intuito in alcune mie frasi della nostra conversazione quanto volevo dirvi. E c'era qualcosa anche di questo discorso a dire il vero, sotto sotto.

Non volevo che gli altri ficcassero il naso nei miei affari. Ma questo blog mi da una seconda fortunatissima e quantomai sincera opportunità, di cui devo ringraziare anche la mia amica e la sua fortunata gravidanza; certe cose devono venire fuori prima o poi!

Suonate, suonate, cuoricini, suonate, consolatemi che in questa serata ne ho un bisogno tremendo. Non cessino le vostre musiche, si facciano invece più incalzanti, intense e capaci di curare con la vostra personalissima arte le sanguinose ferite più profonde dell'anima di chi ora vi ascolta e vi sente vicini con una parola piena di conforto e speranza.

A presto, con un mesto sorriso da parte mia e una voglia matta di non piangere più anche se ogni tanto farlo per conto proprio fa bene. E io stasera vi dico non riesco a smettere, il mio animo fa male, anche se so piangere in composto silenzio. La verità, la realtà a volte fa troppo male. Ed accanto a questo dolore adesso non desidero altro che voi.

Un abbraccio,

Elena


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